La paura è l’energia primaria che ci assicura la debita distanza dal pericolo e dalla morte, quindi è un’energia che sostiene la vita.

Questa energia tellurica, che appartiene a tutti gli esseri viventi, è l’anima dell’apprendimento e dell’evoluzione della specie, necessaria quanto l’aria che respiriamo!

È l’energia che ci fa osare nascere, che ci fa emettere il primo vagito, che ci fa muovere braccia e gambe, che ci dà la forza di aggirare un ostacolo o di superarlo… e che ci permette di rialzarci.

Noi siamo come dei contenitori che custodiscono questo flusso vitale. Se l’ostacolo che ci troviamo ad affrontare è troppo grande, tanto da necessitare un flusso di questa energia più intenso di quello che può entrare nel nostro contenitore, allora sperimentiamo una particolare sensazione che ci immobilizza e congela, e che non sappiamo gestire: il panico.

In realtà, quello che chiamiamo più facilmente “paura” è una reazione di panico. Infatti, un flusso di paura libero di fluire si manifesta nell’azione sostenuta dal coraggio, va sempre in direzione della vita e ci fa sentire meravigliosamente bene!

Il corpo, o per meglio dire il nostro cervello, impara dalle esperienze e registra ciò che in passato ha funzionato, per ripeterlo. Spesso, anche da adulti e con un contenitore sufficientemente grande per accogliere una quantità di energia utile ad affrontare una situazione di pericolo, il corpo recupera un ricordo di dolore e terrore insostenibili e reagisce con la stessa strategia adottata molto tempo prima, quando eravamo ancora bambini ed il nostro contenitore era piccolo.

In queste occasioni, l’organismo reagisce con la stessa disconnessione che aveva funzionato la prima volta e che gli aveva permesso di sopravvivere. In questo modo, inconsapevolmente, si instaurano routine comportamentali.

Tutte le routine che replichiamo all’infinito nel corso della nostra vita le impariamo già nella vita intrauterina e nei primi due anni di vita (ci siamo strozzati col cordone ombelicale; abbiamo sentito la paura o l’angoscia di nostra madre durante la gravidanza; abbiamo temuto o sentito che stavamo per morire; abbiamo sentito o visto morire un nostro gemello; abbiamo vissuto l’esperienza del taglio cesareo; siamo stati abbandonati a noi stessi in un’incubatrice; abbiamo sofferto per la mancanza della tetta materna; abbiamo sofferto durante lo svezzamento ecc.).

Da adulti, quando ci troviamo in situazioni che inconsciamente ci riportano a un vissuto spiacevole, per evitare di contattare di nuovo quell’antico dolore, adottiamo schemi di comportamento che, sostenuti e rafforzati attraverso credenze personali e collettive, contribuiscono a creare la nostra personalità.

Le credenze sono organizzazioni di strutture neuronali che connettono e sostengono diverse routine. Più queste routine sono solide e cristallizzate nel tempo, più è intenso lo stato ipnotico, costituito da opinioni statiche, in cui la persona si trova immersa.

E mentre il mondo attorno muta ed il livello biologico vi si adatta naturalmente, la credenza, che è statica, resta immobile producendo uno scollamento dalla realtà e creando una vera e propria “gabbia percettiva” dove il passato si ripete senza fine.

È molto facile, infatti, trovarsi di fronte a un corpo terrorizzato al quale corrisponde una “storiella” raccontata per autoconvincersi che è tutto ok e che si è tranquilli e sereni.

Questo ci permette di convivere con l’insostenibile, apparentemente senza fatica.

Purtroppo, continuare a reagire a un antico dolore in modo identico, nonostante si disponga di un contenitore di energia più grande, equivale a ingabbiare questa energia vitale. La paura, quando non è libera di fluire, ristagna creando blocchi psichici e fisici che nel tempo si manifestano come sintomi di varia entità.

Ricordiamoci sempre che tutto in natura procede seguendo il principio del “massimo rendimento con il minimo sforzo”, cioè con il minimo dispendio di energia.

C’è chi vive una vita intera con sintomi di vario genere senza farsi troppe domande, dando la colpa alla vita matrigna, all’universo, a Dio, alla società, alla sfortuna ecc.

Altri si rendono conto che qualcosa non va nella loro vita e iniziano timidamente ad apportare qualche cambiamento: una dieta, un po’ di sport, qualche seminario o corso di crescita personale… Lo fanno solo per mettersi in pace con la coscienza, senza una reale e genuina voglia di cambiamento.

Vogliono dimagrire, avere relazioni sane ed appaganti, stare in salute, guadagnare… ma senza agire in un campo di coerenza che coinvolga contemporaneamente corpo, mente e spirito.

Questo non produce alcun cambiamento positivo, ma rafforza le convinzioni depotenzianti su cui si è strutturata la propria vita, con una nuova convinzione nutriente per l’Ego: “Certe cose non si possono cambiare… Sono così e basta!”.

Invece, solo noi possiamo essere gli artefici del nostro cambiamento! Nessun altro lo può fare al nostro posto!

Aspettare che il cambiamento arrivi dall’esterno significa rinunciare a questo immenso potere creativo personale e, implicitamente, cederlo ad altri!

La paura (non integrata) impedisce di accedere alle nostre risorse e ci riporta a uno stato di frustrazione, sofferenza, rabbia e malattia. Ci allontana da Dio.

Quando ti senti affaticato, frustrato, limitato, quando vedi il tuo organismo reagire con programmi biologici debilitanti, concediti la possibilità di fare qualcosa di diverso e di mettere un piede fuori dalla gabbia, ma in sicurezza!

“Aprire la gabbia è un piccolo passo che equivale a crescere. Un atto di disponibilità a lasciare andare il bambino del passato per diventare un adulto”.

È solo così che la paura può tornare a fluire libera e vitalizzante nel tuo corpo!

È solo così che puoi tornare a utilizzare questa energia per realizzare il tuo potenziale, qualunque esso sia!

Con amore…
Tiziana Forzani – Insegnante di ThetaHealing® DNA BASE certificata da ThinK Theta Healing® Institute of Knowledge e ThetaHealer® certificata in Anatomia Intuitiva e DNA 3

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